Microracconto bonus 9. Ospedale

Sono venti giorni che è in ospedale. Vorrebbe uscire. Lo vorremmo tutte, ma almeno oggi era vestita. Mi ha raccontato della compagna di stanza. La figlia le diceva “Chi sono io?”, e la signora rispondeva “Mia mamma!”. Vale a dire, la signora vive in un mondo in cui la figlia non esiste. 

Non so se ce l’avrei fatta al suo posto, credo che mi avrebbe annientata. Essere riconosciuta da te, mamma, per chi sono io a prescindere da te, è l’unica cosa che voglio. Ogni volta che tu mi guardi e mi cerchi nello schermo, io capisco di esistere.

Cerco la sua approvazione e mi odio per questo, mi giudico e contemporaneamente giudico gli altri con le sue idee, con i suoi criteri assurdi, il suo tipico giudizio affrettato e categorico. Questo suo modo di essere, se togli la critica pura e inutile contro chiunque e qualunque cosa sia diversa, non prevedibile, complessa, sconosciuta, non ci resta niente di cui parlare. Io non sopporto questa ostilità verso tutte le cose del mondo che non le piacciono, perché le piacciono pochissime cose, e anche quelle che ama e apprezza in certi momenti, in altri diventano oggetto di scherno rabbioso, disprezzo e pubblica umiliazione solo per noia, o rimpianto, o abitudine, o doloroso ricordo dell’abitudine. Non so realmente come stia lei, quando mai ce l’ha mostrato, il suo cuore? Mai, mai, mai. 

Voglio che qualcuno mi dica cosa fare. Non voglio prendere iniziative. La paura dell’ignoto si attacca sempre alle scelte. Mi hanno cresciuta insegnandomi che la cosa peggiore che può accaderti è la vergogna, che il giudizio altrui è il tribunale massimo dal quale verrà la tua condanna, ma tu devi puntare alla gloria.

Non ce la faccio. Non ho energia. Devo accettare l’incertezza. Non so mai se domani sarà come oggi. Se la giornata finirà come quella di ieri. Non so nemmeno di cosa ho paura. Qualcuno mi dica cosa devo fare.

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About Me

Siciliana, scrittrice e creatrice di storie. Nella sua vita è stata (in ordine sparso): copywriter, social media manager, project manager, collaboratrice scolastica, fotografa, artigiana, brand manager, web editor, content creator, insegnante. Attualmente collabora con Shining Bees, dove si occupa di raccontare storie e fornire idee.

Sogna un mondo in cui le persone amino i lunedì, settembre e le verdure al vapore. Gattara, ama leggere, fare l’uncinetto e camminare. Odia le etichette, i posti affollati e scrivere biografie. Citazione preferita: “Delle proprie opere non bisognerebbe dir nulla. Lasciar parlare esse, e basta.” Italo Calvino, presentazione per I racconti.