Un papà sta scendendo in spiaggia con le sue due bimbe. Una, minuta, indossa un costumino intero giallo con un volant trasversale, ha lunghi capelli castani al vento. La sorella più grande sembra una sua versione cresciuta, ma non troppo.
Lui avanza come un mulo, sceglie un pezzo di spiaggia e deposita il carico quasi lanciandolo. Ombrellone e asciugamani rotolano mentre lui si asciuga la fronte con la mano sudata. Le bimbe gli stanno intorno.
In pochi minuti la posizione è conquistata. Ogni cosa è al suo posto. Non vedo braccioli, improbabile che le bimbe sappiano già nuotare. Mi fermo a osservarli ancora, curiosa. Il papà inizia a spalmare i corpi piccini di crema solare, o meglio, traccia strisce bianche irregolari su braccia e gambe delle sue piccole zebre, senza spalmare. “E questa è fatta” immagino stia pensando.
Finalmente è giunto il momento del bagno. Io aspetto ancora un gonfiabile, una tavoletta, qualcosa che le aiuti a galleggiare: nulla. Entrano in acqua tutti e tre e capisco.
È lui il salvagente, la roccia scura e spelacchiata intorno a cui le due bambine possono sentirsi libere di affidarsi al mare. Li guardo sorridendo, perché ho notato che lui mi ha vista, e mi sorride a sua volta.
Ma dietro gli occhiali da sole piango, e devo distogliere lo sguardo.
Girarmi non basta a cancellare dalla mia pelle la sensazione di contatto tra me, mio padre e l’acqua del mare. Conosco esattamente le sensazioni fisiche in cui le due bambine sono immerse senza accorgersene. Sono ancora vive in me, anche se sono passati più di trent’anni.
Non mi piace più andare al mare da quando il mare non c’è più.
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About Me
Siciliana, scrittrice e creatrice di storie. Nella sua vita è stata (in ordine sparso): copywriter, social media manager, project manager, collaboratrice scolastica, fotografa, artigiana, brand manager, web editor, content creator, insegnante. Attualmente collabora con Shining Bees, dove si occupa di raccontare storie e fornire idee.
Sogna un mondo in cui le persone amino i lunedì, settembre e le verdure al vapore. Gattara, ama leggere, fare l’uncinetto e camminare. Odia le etichette, i posti affollati e scrivere biografie. Citazione preferita: “Delle proprie opere non bisognerebbe dir nulla. Lasciar parlare esse, e basta.” Italo Calvino, presentazione per I racconti.
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