332. I lunedì sera 1/5

Quando avevamo vent’anni passavamo i lunedì sera in associazione. Si iniziava con una riunione e si finiva sempre sbronzi e con la tosse. Poi ognuno prese la sua strada e l’associazione morì di abbandono. La sede fu svuotata e tutte le attrezzature, il bancone, il biliardino, le freccette, il biliardo e il tavolo da ping pong fatto a mano finirono nella cantina di Beppe. 

Beppe era l’unico che non si era mai spostato. Negli anni aveva ricreato nella sua cantina una copia sotterranea della nostra sede. Andavamo da lui il lunedì sera, quando eravamo in paese.

Non tornavo da qualche anno. La mia vita era altrove, con altre persone, altre faccende, ma mi era venuta una gran voglia di rivedere tutti, sapere come stavano, cosa mi ero persa.

Lungo le scale che mi portavano all’ingresso della cantina chiusi bene il mio cappotto e accesi la prima sigaretta. Quando entrai vidi subito Beppe che preparava un panino al prosciutto e formaggio su una piastra elettrica. C’era Ciccio, detto il figlio delle meretrici, una maglietta a maniche corte degli Scorpions gli scopriva le braccia ingrossate e le sue chiappe strabordavano dai jeans mentre lui si abbassava a raccogliere una pallina da ping pong. Stava giocando con un tizio basso e tarchiato che non conoscevo. Mi salutò da lontano con la mano urlano “Otto a Sette, cambio!” ed eseguì una perfetta battuta a effetto che lasciò lo sconosciuto immobile e sconfitto.

Mi diressi subito verso Beppe, ci abbracciammo imbarazzati. 

“Com’è?” gli chiesi sorridendo.

“È…” rispose lui guardandosi le mani che aprivano una birra e me la passavano. Beppe era finito in una brutta faccenda sei anni prima. Mentre passeggiava con il cane, una sera, finí arrestato insieme a un gruppo di malamente che si picchiava fuori dal pub. La polizia era arrivata e si era portata via tutti i presenti. Beppe si era ritrovato una condanna ingiustificata e aveva perso pure il cane. Addio al suo sogno di diventare insegnante. Io avevo sentito la notizia al telegiornale nazionale, c’era stato un gran parlare di quella rissa che aveva coinvolto trentanove persone, due auto, quattro motorini e innumerevoli lampioni, mi ero dispiaciuta e preoccupata, ma non gli avevo mai scritto un messaggio, né lo avevo chiamato.

Beppe stava aprendo un’altra birra, la faceva sbattere delicatamente sulla mia e mi invitava a bere un sorso. Gli sorrisi, ma la mie sopracciglia dicevano “Mi dispiace per tutto.” Lui ricambiò il sorriso, e mentre si girava una sigaretta disse:

«Come lo vuoi il panino?»

Non sembrava felice, ma era gentile come una volta.



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About Me

Siciliana, scrittrice e creatrice di storie. Nella sua vita è stata (in ordine sparso): copywriter, social media manager, project manager, collaboratrice scolastica, fotografa, artigiana, brand manager, web editor, content creator, insegnante. Attualmente collabora con Shining Bees, dove si occupa di raccontare storie e fornire idee.

Sogna un mondo in cui le persone amino i lunedì, settembre e le verdure al vapore. Gattara, ama leggere, fare l’uncinetto e camminare. Odia le etichette, i posti affollati e scrivere biografie. Citazione preferita: “Delle proprie opere non bisognerebbe dir nulla. Lasciar parlare esse, e basta.” Italo Calvino, presentazione per I racconti.