Lungo la strada che mi porta al lavoro c’è questo cane. Bivacca a tutte le ore a bordo strada, nel mezzo di una curva, ogni tanto si porta un amico più grosso. Quando passo con la macchina mi abbaia, oppure si piazza in mezzo alla carreggiata, cerca di mordere le ruote.
Lo vedo da lontano, lo so che mi aspetta, sulla linea bianca, pronto, agguerrito.
È alto trenta centimetri. Non è pericoloso, insopportabile sì. Quando gli arrivo vicino suono il clacson per spaventarlo, lui si sposta ma continua a fissarmi.
Quanta gente ho conosciuto così, nata per indisporre e con cui non si riesce a comunicare.
L’altro giorno, passando per il solito tratto, l’ho visto in piedi con una zampa anteriore sollevata. Ha butatto giù un paio di passetti, zoppicava.
“Lo sapevo che ti finiva male” ho pensato, ma subito mi sono pentita, mi ha fatto pena.
Il cane è cane. Non lo sa che si può essere cane in altri modi, a lui viene da essere così e quello è. Allora, forse, anche certe persone-cane non hanno alternativa, nessuno ha spiegato loro che può essere fatta in modo diverso, questa cosa del vivere con gli altri.
Potrei provarci io, a colpi di gentilezza.
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