316. Cornice

“Marco, detto Marchetto, ha comprato un corso su come vendere un corso a chi vuole tenere un corso ed è molto soddisfatto di come si sente alla fine delle giornate.

Finito il corso sul corso, fa tutte le sue belle ricerche finché è pronto ad avviare il suo corso su come tenere un corso. 

La prima lezione di Marchetto è sulla buyer persona. Nell’aula ci sono una decina di studenti, di età varie e indefinite. Marchetto saluta tutti calorosamente e comincia:

– La prima cosa da fare quando vogliamo vendere un prodotto è capire chi lo comprerebbe. Questo è molto più semplice quando trattiamo prodotti che ci piacciono. Ad esempio, tu: devi vendere la pizza, chi è la tua buyer persona?

Qui il tizio interpellato parte bello fresco e individua subito il profilo della buyer persona. Allora Marchetto passa al contrattacco. 

– Eh sembra facile con la pizza, non è vero? Facciamo un altro tentativo, un prodotto diverso ma comunque apprezzato. Vediamo… tu: devi vendere un trapano, individua il tuo profilo di riferimento.

Anche qui il secondo tizio si fa delle domande e velocemente arriva a definire il cliente ideale.

Marchetto alza il tiro al massimo.

– Adesso diventa difficile. Tu: devi vendere stoffa per polsini, chi è la tua buyer persona?

E qui, ragazzi, l’interpellato va nel pallone. Intanto non sa nemmeno cosa sia questa roba da vendere, così Marchetto lo aiuta.

– Niente paura. – gli fa – Partiamo da qui: a cosa serve questo prodotto?

– A fare i polsini?

– Sì, bravo. E a chi serve fare i polsini?

– Mmm… alle sarte!

– Benissimo! Ora abbiamo una nicchia. Nello specifico, come è fatta la persona che appartiene alla nicchia? Che lavoro fa? Come vive la sua giornata? Che posti frequenta, online e offline?

– Io… non saprei.

– Conosci qualcuno che potrebbe acquistare questo prodotto?

Il tizio ci pensa, poi si illumina.

– Mia zia Ilaria! Sì! Mi cuciva sempre delle robe orribili quando ero piccolo, e io odiavo indossarle, ma le volevo bene e le mettevo solo quando andavo a trovarla. 

– Eccezionale! Abbiamo anche un nome: Ilaria! Ora dimmi, che tipa è la zia Ilaria? Faccela conoscere!

Il ragazzo abbassa lo sguardo, prende un lungo respiro e comincia:

– La zia Ilaria era una persona molto sola. i figli non erano venuti, il marito l’aveva lasciata. Quando andavo da lei trovavo sempre la TV accesa, ogni volta su un canale diverso. L’attaccava la mattina e la spegneva la sera senza mai cambiare canale. Secondo me era per sentire qualche voce nelle stanze. Per essere meno sola, ecco. Ricordo che aveva una scatola piena di ritagli di stoffa, magari c’erano anche di questi polsini, ripresi da vecchie felpe, non buttava nulla, diceva che potevano sempre servire. Ecco, lei la comprerebbe quella stoffa, o magari potrei farle un regalo io, tieni zia, butta quelle cose vecchie, fammi una felpa nuova, le potrei dire, se solo fosse ancora qui.

Gli altri studenti presenti si emozionano, si alzano e vanno ad abbracciarlo. Il ragazzo si commuove. Chiede di uscire a prendere un po’ d’aria, gli altri lo seguono. 

Marco resta da solo in aula, in attesa che la classe ritorni.

Ora, ragazze e ragazzi, questa storia di Marchetto cosa ci vuole dire? Notiamo questo: Marco, che non a caso è detto Marchetto, fa le marchette, ovvero marketing. Quindi lui è ciò che fa, non esiste al di là del marketing, lui è marketing e null’altro. Non è un personaggio umano, come sono invece i suoi studenti, che infatti provano emozioni. Lui non ha delle sfumature, vale solo finché permette di raggiungere l’obiettivo, e cioè vendere questa storia. Proprio come il suo corso, e il corso sui corsi che ha comprato per primo. 

Tutto, compreso Marchetto, non esiste. 

Eppure, siamo qui ad ascoltare questa storia, cha abbiamo barattato con un po’ del nostro finito, prezioso tempo. 

Marchetto non esiste, ma funziona.”

Così disse il professore a un’aula ammutolita e tesa. Le lezioni del professor Caccamo erano afose e inestimabili. Pure d’inverno non si respirava, tanta era la calca silenziosa. Non c’era telefono che si permettesse di bippare, o sedie, scarpe, cappotti che osassero frusciare. Questa era l’unica regola che il professor Caccamo aveva imposto alla sua folla: l’aula deve sembrare vuota.

Naturalmente Caccamo era diventato presto un must have tra gli studenti universitari. Guai a mancare una sua lezione, saresti rismasto: fuori da ogni conversazione per tutta la settimana.

La stampa ci aveva messo poco a fiutare il personaggio. Nessuno pensava che Caccamo avrebbe acconsentito a farsi intervistare, eppure tutti speravano in uno scontro in 4k. Inaspettatamente, il professore aveva invitato la giornalista e il cameraman a seguire la lezione e ora stava dicendo loro di iniziare con l’intervista. La giornalista accennò un movimento verso il cameraman e, prima con voce tremante poi sempre più decisa, porse la sua domanda. 

Il professor Caccamo, le gambe accavallate e lo sguardo attento, si avviò a rispondere:

“La ringrazio per aver sollevato la questione. Bla bla bla, bla bla bla bla, bla bla, bla bla bla….”

La giornalista perse il sorriso. Per la prima volta, mentre Caccamo parlava, si poteva sentire un brusìo impalpabile, e lui continuava con il suo 

«Bla bla bla bla, bla bla bla bla, bla. Bla bla!» e che intonazioni, che cambi di tono ci metteva!

La giornalista ordinò di smettere di riprendere, mostrò il dito medio al professore e uscì dall’aula. In risposta, il professor Caccamo si aggrappò ai braccioli della sedia e, spingendosi con le gambe, scivoló all’indietro lungo tutta la linea della scrivania, urlando “Yuppie!” sotto gli occhi e le bocche spalancate dei suoi studenti. La massa allibita cominciò a sciamare verso l’esterno, molti gli lanciavano occhiate oblique, tenendo le spalle basse, Caccamo vedeva rabbia e delusione nei loro volti, e pensava “Questa lezione la capiranno a casa.”



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About Me

Siciliana, scrittrice e creatrice di storie. Nella sua vita è stata (in ordine sparso): copywriter, social media manager, project manager, collaboratrice scolastica, fotografa, artigiana, brand manager, web editor, content creator, insegnante. Attualmente collabora con Shining Bees, dove si occupa di raccontare storie e fornire idee.

Sogna un mondo in cui le persone amino i lunedì, settembre e le verdure al vapore. Gattara, ama leggere, fare l’uncinetto e camminare. Odia le etichette, i posti affollati e scrivere biografie. Citazione preferita: “Delle proprie opere non bisognerebbe dir nulla. Lasciar parlare esse, e basta.” Italo Calvino, presentazione per I racconti.