299. Riflessione sul linguaggio

Ho ascoltato con attenzione il racconto della nascita di suo figlio dalla bocca impastata del mio amico M.

Mi ha colpito a un certo punto l’utilizzo da parte sua di un pronome: “vi”, seconda persona plurale.

Quando ha affidato lei e il suo prezioso pancione agli infermieri, lui le ha detto “Vi aspetto qua fuori”

Vi.

Plurale.

Se lei avesse avuto bisogno di fare pipì, ad esempio, prima di entrare al pronto soccorso, lui le avrebbe detto “Ti aspetto qua fuori.”

Ma una volta superate le porte del reparto lui sa (o forse lo sente a istinto perché non sta capendo molto) che da quel momento penserà sempre al plurale.

“Ti” è diventato “Vi” e sarà così per sempre.

Questo è pensare da padre.

Una semplice particella, anzi una lettera sola, vicina di alfabeto, cambia la vita di un uomo.



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About Me

Siciliana, scrittrice e creatrice di storie. Nella sua vita è stata (in ordine sparso): copywriter, social media manager, project manager, collaboratrice scolastica, fotografa, artigiana, brand manager, web editor, content creator, insegnante. Attualmente collabora con Shining Bees, dove si occupa di raccontare storie e fornire idee.

Sogna un mondo in cui le persone amino i lunedì, settembre e le verdure al vapore. Gattara, ama leggere, fare l’uncinetto e camminare. Odia le etichette, i posti affollati e scrivere biografie. Citazione preferita: “Delle proprie opere non bisognerebbe dir nulla. Lasciar parlare esse, e basta.” Italo Calvino, presentazione per I racconti.