– Dici?
– Dico.
– Mah!
– Bah.
– Eh beh però…
– Eh sì.
– E così…
– Davvero.
– …solo due?
– Solo due.
– Ma allora…
– Già.
– Caspita.
– Eh, capita.
– E come?
– Come che?
– Come fai a…
– Normale.
– Scusa.
– Perché?
– Beh, io esagero.
– Fa niente.
– Grazie.
– Figurati.
– E quindi?
– Quindi che?
– Che si fa?
– Tu vai.
– Tu resti?
– Per forza.
– Allora vado.
– Ciao.
– Stammi bene.
– Tho! Entro.
– È il tuo turno?
– Sì.
– Stai sereno.
– Lo sono.
– Allora ciao.
– A te.
– Ciao dottore.
– Salve Mario. Come sta oggi?
– Piuttosto. Bene.
– Piuttosto bene sono un sacco di sillabe! Stiamo migliorando molto. Bravo. Se la sente di provare a passare a tre parole per frase?
– Non ancora.
– Va bene. Sa, il signore con cui la vedevo parlare prima ha un disturbo simile al suo. Le andrebbe di iniziare un percorso condiviso?
– Fare che?
– Credo che in una situazione in cui si senta a suo agio, lei possa sperimentare un colloquio più elaborato. Il signor Gatti la fa sentire a suo agio, giusto?
– Esatto.
– Come pensavo. La vostra interazione potrebbe spingervi a volere di più e a superare il vostro limite.
– Ho capito.
– E sarebbe veramente fantastico se lei mi desse il consenso all’inserimento del suo caso nel mio prossimo articolo per quella rivista scientifica. Se lo ricorda, vero, che scrivo per una rivista scientifica? È così che mi ha trovato.
– Troppe…parole…
– Allora metta una firma qui, così potrò finalmente scrivere il mio articolo su…
– Non voglio!
– Firmi qui! Il consenso!
– No!
– Lei non vuole che io dica quella parola, vero?
– Per favore…
– Mi dispiace ma lei mi costringe a usare la forza. Non capisce che io voglio solo guarirla dalla sua…
– Nooo…
– Hipopotomonstrosesquipedaliofobia!
– Aaaaaaaaaaaaaaah…
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