Ho il reflusso gastroesofageo.
Ce l’ho da questa estate, guarda caso, ma è iniziato tutto prima, circa un anno fa, credo, non ricordo di preciso. Mi arriva un messaggio da un’amica, dice che è morto il papà di Pippi. Oddio, che dolore! Pippi non la sento da un po’ ma la amo, devo contattarla.
Eh sì, tu sai già com’è. Sì, sì. Una cosa è perdere il papà, che è, diciamo, la naturale conclusione della dinamica familiare, un’altra è perdere il compagno di una vita. Quello deve essere ancora peggio.
Quello, è tua madre.
E ti preoccupi per lei, e lei per te. E insieme vi preoccupate per tua sorella, e la sorella ricambia la preoccupazione doppia. Come si fa?
Eh sai, mia madre non è più la stessa, non voglio lasciarla sola.
Sì, lo so.
Mentre ancora cerco di infondere conforto e comprensione in Pippi, Lippi annuncia il suo ritorno imminente dall’altro lato del mondo: sua madre non sta bene. Attenzione: allerta cuore spezzato.
È stato il primo funerale dell’ anno. Straziante. Un’altra cucitura nell’anima.
Passa un mese: febbre, ospedale, secondo funerale, in prima fila questa volta. Addio mamma, è andata così, cazzo, in qualche modo andremo avanti, porc.
Passa un’estate senza sole di cui non ricordo niente, solo il pianto e lo strazio. Ma, aspetta, aspetta, c’è ancora un’altro, grande spettacolo cui assistere.
Le mie difese immunitarie si annullano, la tristezza lo fa, eh sì. Mi ammalo ogni mese. La seconda prima fila non riesco a reggerla ed esplodo sul piazzale della chiesa. Sono sotto antibiotico e no, non mi ricordo se ho preso la protezione per lo stomaco, smetta di chiedermelo, dottore.
“Adesso puoi capirmi. Vorrei non fosse così.” più di questo non so dirgli, quando ci teniamo stretti nel letto senza riuscire a muoverci, le domeniche mattina.
Ma la pièce ha riscosso un discreto successo, a quanto pare, e le repliche sono richieste.
Lo sapevamo già, il padre di Cippi stava percorrendo una strada fin troppo conosciuta, ma prima che l’anno finisca deve per forza arrivare un altro invito. E un’altro show, sempre lo stesso, sempre più pesante, bisogna portarlo a casa.
Sai? Anche Cicci sta affrontando lo stesso argomento. Madonna mia che palle! Questo anno orrendo deve finire, vattene per favore.
Se ne va. Ma il successivo gli vuole far fare brutta figura, ha pessime intenzioni.
Mi dispiace Cicci, ecco la tua tessera del club dei sofferenti.
Senti vita, hai rotto ora. Basta, per favore. Dammi tregua. Siamo ancora bambini di fronte allo specchio, non siamo pronti a perdere i nostri adulti di riferimento.
Ok, fa lei. E inizia con i coetanei.
Non abbiamo nemmeno oltrepassato l’inverno. Il sole è poco e freddo.
Ho il reflusso gastroesofageo.
C’è qualcosa che non scende. Si rifiuta.
Stomachino, per carità, ti ci metti pure tu?
E lui dice “No!”
Fallo scendere il boccone, è quello il tuo lavoro.
E lui sempre “No!” e mi sconvolge la dieta. Non posso cedere ad alcun capriccio, solo cose semplici e digeribili, va bene? Ti piace così? E sto seduta con la schiena dritta per due ore dopo aver mangiato. Guarda, faccio l’uncinetto per rilassarmi. Sei contento?
La sua risposta non cambia. “Anzi, ora ti faccio anche la lingua gialla!”
È come un acufene, a tratti lo scordi, ma di base il bruciore c’è. Come se avessi bevuto una tisana bollente, ma per tutto il giorno, tutti i giorni.
Ho il reflusso gastroesofageo.
Non è niente, ma non passa.
Ho perso dei chili e ho un sacco di cardigan.
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