174. Lettera del cacciatore alla regina

Mia adorata Regina,

Vi scrivo questa lettera che, per quanto piena d’amore e di umiltà, mai potrà rendere il giusto merito al sentimento mio per la Vostra magnificentissima persona. Io sono sempre stato un profano, un pellegrino senza meta fino al momento in cui mi permisi di accostare il mio sguardo a quello Vostro lucente e in quell’istante ne fui illuminato e benedetto, cosicché anche in cuor mio nacque una riconoscenza senza confini per l’insperata salvezza che non meritai mai. Mi sono unito alla corte di coloro che hanno avuto la fortuna di sentir nascere nel petto il credo profondo e genuino che la Vostra meravigliosa immagine infonde e sono stato un Vostro servitore per tutti gli anni che mi sono stati concessi di vivere senza arrivare mai a ripagare il credito che Voi mi fate con la sola Vostra esistenza. Senza mai abbandonare il Vostro fianco, ho condotto la mia vita nella direzione della realizzazione dei Vostri desideri e ora che essa giunge al termine per Vostro stesso inconsapevole volere, permettetemi, oh mia Eccellentissima, di approfittare ancora della Vostra misericordia per donarvi le mie ultima parole.

Più di una volta mi azzardai a pensarvi e più di una missiva mi permisi di scriverVi dettata direttamente dal cuore mio, questo mio quasi inutile e disperato cuore, ma mai trovò il coraggio l’animo mio da coniglio per consegnarle a Voi, che ne siete l’ispiratrice e la proprietaria legittima, come di tutto il resto che mi appartiene, finanche il mio volgare spirito, il quale a Voi è completamente rivolto. Con ciò non vi è idea più lontana dalla mia che quella di suggerire che tra i Vostri illustri possedimenti vi sia un così basso e rude esemplare quale io ritengo me stesso. Quand’anche avessi io per Voi l’importanza che per il cavaliere hanno i lacci delle scarpe dell’ultimo suo scudiero, ne sarei appagato tanto da non dover chiedere niente di più al mio già fortunatissimo destino. L’unica grazia che chiedo, in virtù del mio sacrificio finale grazie al quale mi permetto di appellarmi alla Vostra carità, è di leggere fino alla fine questa ultima epistola. Ve ne prego, dacché queste parole furono scritte per Voi e solo nei Vostri occhi trovano un senso.

Tante e molteplici volte indagai il Vostro animo nella vana speranza di comprenderlo, di capire se nel Vostro cuore ci fosse un briciolo di benevolenza per questo rude plebeo, una qualsiasi speranza che potesse far da specchio al mio inutile sentimento sincero. Ma ciò più non conta. Ora, in questo estremo momento di estasi, la mia confessione si fa orgogliosamente spazio tra le parole, corre da Voi senza aspettare alcuna chiamata e Vi porta il significato di tutto ciò che fu fatto, il perché delle mie azioni, la ragione della mia intera esistenza.

E la ragione è che io Vi amo, Vi ho sempre amata e Vi amerò per sempre.

In tutti questi anni che mi sono stati concessi accanto a Voi per grazia divina, Vi ho vista fiorire, pensando ogni giorno che non sareste potuta essere più bella, e ogni giorno ricredendomi, pentito di aver messo un freno alla Vostra capacità di superare finanche Voi stessa. Mi giustificherà forse il fatto che tali meraviglie non sono alla portata della comprensione di un insetto quale io sembro e mi sento al Vostro cospetto, ma Vi prego ad ogni modo di perdonarmi. Vi ho vista emergere tra le belle e da queste essere invidiata e ammirata, Vi ho protetta anche quando non eravate cosciente dei pericoli, e ridente andavate incontro ai tempi prosperi che Vi hanno accolta senza preoccupazione alcuna. Ho sempre saputo, sebbene primo tra gli ignoranti, che tutti i Vostri gesti sarebbero sempre stati giusti e perfetti, che la legge stessa dell’Universo si sarebbe piegata al Vostro volere se avesse incontrato il Vostro disappunto. Ma, ahimè, fu proprio la Natura, il sangue del sangue che Voi amaste, a condurvi in un sentiero oscuro, ammaliatore e meschino. E l’intelletto mio limitato, abbagliato dalla gioia di vivere nello stesso mondo Vostro, non si accorse che stavate percorrendo la strada verso la fine. Foste Voi la prima inconsapevole vittima e io non fui capace di difendervi quando era più necessario.

Non è possibile veder malvagità nei Vostri atti, e io sempre contestai chi lo affermò, macchiandomi con le peggiori azioni che di me potevano esser degne, ma non certamente di Voi, e lo feci di mia volontà. Riuscii a riconoscere, nonostante la mia pochezza, che era l’agire migliore. Anche quando fu mio padre a perdere il lume della ragione e a sostenere che così facendo avrei rovinato me stesso, e mia madre, che osò individuare in Voi altissima il dolore più grande del regno, sempre, io non esitai a punire i colpevoli con l’unica e giusta sanzione, come Voi mi insegnaste in un istante di misericordia, possibile: la morte.

Perdonatemi adesso. Questa volta non ho eseguito i Vostri ordini. Con il pugnale io mi strappo il cuore perché non sopporterei di vedervi insoddisfatta per mia causa, ma non sopporterei similmente di vedervi oltre così come Vi ho lasciata. L’oscurità Vi ha avvolta e ha innalzato un muro tra Voi e quella che siete sempre stata, quella che ora ardisco di chiamare la Mia Regina. L’ansia e la smania di potere Vi hanno trasformata, e se questo mi affligge non poco, mi fa anche riconoscere che solo una forza maligna avrebbe potuto catturarvi ed essere più forte di Voi. Solo la crudeltà, la barbarie, il male assoluto non si sarebbero piegati di fronte alla Vostra inenarrabile magnificenza, alla vista della Vostra bellezza incantevole e salvifica. E così ne siete stata travolta, come io da Voi. La Vostra arma più potente è stata quella che vi ha costretta alla resa. E senza di Voi io non servo più a nulla, e nel nulla mi reco.

 In questo bosco, da dove adesso Vi scrivo prima dell’ultimo estremo dovere, non sono riuscito a mantenere la promessa fatta a me stesso di essere Vostro completamente, e rinunciando a uccidere Biancaneve non Vi ho permesso di fare di me quel che desideravate.

Non pensate che abbia deciso di abbandonarvi, sempre vissi felice muovendomi in silenzio per spianarvi la strada, senza mai immaginare altra vita più decorosa e onorata. Non vedete questo gesto come una rinuncia, nulla mi spetta e nulla pretendo, non ho alcun diritto e non mi dovete niente. Voi siete libera e così io Vi amo, e perderVi significherebbe perdere tutto, compreso me stesso.

Ed è per questo, infine, che mi uccido. Voi siete perduta e io voglio annegare con Voi, nella dolce speranza di volteggiare nell’aere abbracciato alla Vostra immagine, che per sempre resterà impressa nel mio cuore. Lo stesso cuore che Vi viene consegnato insieme a questa lettera.

Il Cacciatore



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About Me

Siciliana, scrittrice e creatrice di storie. Nella sua vita è stata (in ordine sparso): copywriter, social media manager, project manager, collaboratrice scolastica, fotografa, artigiana, brand manager, web editor, content creator, insegnante. Attualmente collabora con Shining Bees, dove si occupa di raccontare storie e fornire idee.

Sogna un mondo in cui le persone amino i lunedì, settembre e le verdure al vapore. Gattara, ama leggere, fare l’uncinetto e camminare. Odia le etichette, i posti affollati e scrivere biografie. Citazione preferita: “Delle proprie opere non bisognerebbe dir nulla. Lasciar parlare esse, e basta.” Italo Calvino, presentazione per I racconti.