Esce di casa ogni giorno portando con sé penna e taccuino. Sotto al portone del palazzo incontra il prete. Non lo sopporta, ma sa che ascoltarlo gli sarà utile. Così lo saluta e si prepara a ricevere la sua omelia.
«I poveri, sa, signor Luigi. I bambini hanno bisogno di queste offerte. Non chiedo nulla eh! Sia chiaro! Ma se nell’ultimo istante uno vuole alleggerirsi la coscienza, come posso rifiutargli questo gesto d’amore? La Chiesa accoglie ogni peccatore. Ladri, avari, accumulatori di ricchezze terrene. Però devono rinunciare al loro peccato! Liberarsene. Alleggerirsi. Eh i poveri, sa, signor Luigi. I bambini!»
Luigi annuisce silenzioso mentre scrive sul taccuino. Dopo aver ricevuto la benedizione, prosegue verso la sua seconda meta: la piazza principale. Un gruppo di uomini di varie età prende il sole intorno ai tavoli di un bar. Nessun caffè, la mattina qui si bevono solo chiacchiere. Luigi solleva il cappello in segno di saluto. Gli altri rispondono con un cenno della mano e iniziano.
«Ha saputo di Gigliola?»
«Ha rotto il fidanzamento!»
«Perché era già rotta lei!» Le risate coprono il rumore delle poche macchine. Lui ascolta tutto e scrive. La sua mania di scrivere appunti sulle vite degli altri è cosa nota e ritenuta innocua. Le sue storie strampalate non arriveranno da nessuna parte.
Decenni dopo, la sua vita si è capovolta. Ha appena ricevuto il premio più prestigioso per la letteratura. Il suo studio è invaso da amici, conoscenti, aspiranti scrittori, giornalisti. Nessuno gli chiede come ha fatto, non vogliono sapere quello che ha attraversato per arrivare fino a lì. Vogliono solo una foto di lui che scrive. È lui il personaggio, adesso. Questo ruolo non gli piace. Non era come se l’era immaginato. Così Luigi prende la macchina da scrivere, inserisce il foglio e inizia a battere sui tasti come se fosse impazzito. I flash scattano, continui e rumorosi. Sul foglio una sola parola ripetuta: “Pagliacciate!”
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