Sono seduta al tavolo di un bar insieme ad Andrea Camilleri che mi sta dettando il suo nuovo romanzo.
Le parole gli escono dalla bocca già in forma di scrittura, perfette.
Io scrivo su un quaderno ma, nonostante la lentezza nel parlare che lo contraddistingue, non riesco a stare al suo passo.
Così gli dico “Aspetta. Facciamo che ti registro e poi trascrivo.” Lui acconsente.
Prendo un registratore e dopo qualche ora il romanzo è finito.
Fa per alzarsi ma io lo trattengo “Aspetta” gli dico ancora “Resta. Lasciami trascrivere tutti i tuoi romanzi futuri. Insegnami.”
Lui dice “No.”
Intanto nel bar c’è come un’esplosione che noi percepiamo ma scegliamo di ignorare. La gente fugge da tutte le parti, ci sono folate di vento che muovono gli oggetti leggeri intorno a noi.
Io lo afferro per un braccio e gli urlo “Perchè no?!”. Lui mi dice che ho fatto troppe domande mentre narrava, l’ho interrotto di continuo. “Tu devi solo trascrivere.” chiude laconico.
Ho i capelli cortissimi ma è come se mi stessero accarezzando le guance, mossi da una forza invisibile.
Fine del sogno.
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