(Attenzione, linguaggio scurrile)
Un giorno ti svegli e hai un cazzo nel culo. Cerchi di sbrogliartela e alla fine, in qualche modo, lo caghi.
Ma poi la vita adulta si complica, senza preavviso. Hai voglia a spiegargli che non deve presentarsi così, senza autorizzazione, che ci sono altre strade da percorrere prima di infilarsi, ma il cazzo non ascolta, sta lì e chiama gli amici. I cazzi nel culo diventano due, tre, otto, dodici, tanto che non ricordi più com’era vivere libera e stappata.
Le tue giornate diventano una battaglia ostinata, devi lottare per ogni piccola conquista, ma il cazzo non capisce e, anche se riesci a cacciarlo fuori, il cazzo torna, come i gatti.
Ti abitui talmente ad avere cazzi nel culo che impari a vivere con il fastidio, ti dici che ti aiutano ad apprezzare i bei momenti felici, ma i bei momenti felici, senza cazzi, non li ricordi più.
Eppure ancora sorridi, ogni tanto, ma a denti stretti.
Non si sa mai.
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